di Sabrina Ravazza
psicologa
Avere un figlio, rappresenta il raggiungimento di un obiettivo da parte della maggior parte degli esseri umani. Come l’etologia insegna, anche negli animali la spinta riproduttiva è uno degli aspetti più importanti sui quali si basa la conservazione della specie e, in tal senso, la specie uomo non fa eccezioni.
Nella vita di una coppia, la nascita di un piccolo rappresenta il concretizzarsi dell’autoaffermazione dell’individuo e l’occasione unica e irrinunciabile di perpetrare se stessi. Inoltre sancisce anche simbolicamente l’inizio di una nuova famiglia ed ha pertanto un valore sociale. Allora non è una sorpresa scoprire che donne e uomini in età fertile, desiderino fortemente rendere possibile l’espressione del loro corredo genico nella discendenza dei figli, a coronamento di un progetto di genitorialità che li vede protagonisti unici e irripetibili nella cura e nella crescita dei propri piccoli.
Tuttavia, oggi, almeno nelle società occidentali, si assiste ad un aumento sempre più marcato dell’impossibilità riproduttiva in ciò che viene definito “sterilità”. Essa è intesa da L’International Council on Infertility Information Dissemination (INCIID, Consiglio Internazionale per la Diffusione di Informazioni sull’Infertilità) come l’incapacità di una coppia a concepire un figlio entro un anno di rapporti sessuali non protetti. Si tratta di un fenomeno complesso dalla causalità multifattoriale: in alcuni casi la ragione è francamente biologica, ma più spesso vengono chiamati in causa fattori sociali, culturali, economici, psicologici e legati allo stile di vita. In ogni caso ciò viene vissuto quasi sempre in modo estremamente drammatico dai protagonisti.
Si stima che circa il 20% delle coppie in età fertile in Italia attualmente lamentino problemi di sterilità e fra queste almeno una su cinque non riesca a trovare, dopo opportune indagini, una causa medica o biologica che spieghi il problema. In questi casi si parla di sterilità psicogena o “sine causa” o inspiegata. Alcuni autori hanno supposto che tali casi rappresentino il limite dei mezzi diagnostici incapaci di rintracciare una reale causa biomedica. Tuttavia, la tendenza attuale è quella di considerare la sterilità “sine causa” come espressione di un disagio espresso dal corpo ma che origina anche dalla mente. In altre parole si ipotizza che la radice del problema sia “psicosomatica”. Effettivamente la cultura moderna oggi propone un approccio olistico e globale allo studio delle malattie, attraverso il superamento del dualismo mente e corpo. In questo senso la sterilità può essere considerata come l’espressione reciproca di una causa organica con una psichica.
L’individuo è, infatti, formato da un corpo, o soma, legato intimamente ad una mente pensante che lo guida e lo regola nelle interazioni con l’ambiente. Da questo punto di vista, considerando proprio la funzione regolatrice della mente su tutti i processi corporei, non si può più parlare di problema organico o psichico, ma somato-psichico. Allora anche la sterilità, laddove non sia stato rilevato un problema biologico esclusivo, può essere intesa come l’espressione di un disagio mentale che si traduce in sintomo.
Lo stile di vita nevrotico, lo stress, le preoccupazioni quotidiane, l’ansia legata al momento critico attuale, oltre a eventuali caratteristiche di personalità o motivazionali specifiche dei soggetti diagnosticati “sterili”, effettivamente possono rappresentare un disagio molto forte per l’individuo e la coppia. Spesso, tuttavia questo malessere non emerge chiaramente ma può solo tradursi in sintomo come incapacità organica a procreare.
È noto, d’altra parte, che tutti i nostri processi vitali sono regolati da molecole chimiche, neurotrasmettitori o ormoni, che stimolano o inibiscono le funzioni vitali attraverso una rete di mediatori che comunicano in connessioni multiple e reciproche. Lo stress o una condizione di pericolo percepito, per esempio, inducono la sintesi di ormoni quali, per esempio, il cortisolo che possono deprimere la sintesi di ormoni sessuali con conseguente inibizione delle funzioni riproduttive sia nel maschio che nella femmina. In questo caso, la capacità di concepimento può essere compromessa fino a che non si ristabilisce l’equilibrio ormonale fisiologico.
Che cosa fare allora per aiutare queste coppie ritenute ”sterili”, a cui ovviamente la diagnostica medica non ha saputo dare una risposta per la risoluzione del loro importante problema?
Dal mio punto di vista occorre prima di tutto “dare un senso al sintomo” cioè capire che significato ha per una coppia o per i singoli individui, il problema che sta vivendo. Solitamente la diagnosi di sterilità implica una risposta emotiva molto forte: dalla sorpresa, all’incredulità, per arrivare a sentimenti come la rabbia, lo sconforto, la delusione, il senso di inefficacia personale. È importante che tali espressioni dolorose vengano accolte e comprese nel loro significato profondo e unico di chi le manifesta. Ogni coppia ha una sua storia irripetibile e unica. È importante raccogliere questa storia, insieme a quella dei due partner per comprendere la loro motivazione alla procreazione e alla genitorialità, entrare nello specifico del loro eventuale disagio personale, stress o problema non ancora elaborato.
L’obiettivo è quello di lavorare con la coppia diagnosticata sterile, affinchè questa riesca a “vedere e fare i conti” anche con i propri vissuti emotivi connessi al progetto genitoriale, quindi percorrere con essa una via verso la comprensione del sintomo in chiave non più solo medica, ma anche psicologica. L’intervento può essere declinato su piani differenti: attraverso un percorso di coppia, ma anche un percorso di psicoterapia individuale, quando il disagio riguarda uno dei due membri della coppia.
Sabrina Ravazza
Psicologa , iscritta all’Ordine degli psicologi della Liguria (07/1939)
Psicoterapeuta in supervisione secondo una formazione cognitivo costruttivista.
Ha interesse per la psicosomatica intesa come qualunque manifestazione fisica di un disagio che può essere anche psicologico. A tale ambito appartengono per esempio i disturbi del comportamento alimentare, le disfunzioni sessuali o i problemi di infertilità/sterilità psicogeni a cui rivolge specifica attenzione.
Sta effettuando un training di specializzazione presso il dipartimento di Salute Mentale e presso i Servizi di Alcoologia e di Allergologia clinica dell’Ospedale S. Martino di Genova.
Collabora con l’’associazione sociale genovese Borgo Solidale.
Si occupa di progetti rivolti ad infanzia e adolescenza, ad anziani colpiti da degenerazione cognitiva, al sostegno della genitorialità, all’aiuto alle coppie infertili che ricorrono a protocolli di fecondazione medicalmente assistita.
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e-mail: sabrav3@yahoo.com
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