di Emma Arvigo
psicologa psicoterapeuta
“La vita non è un problema da risolvere. E’un mistero da vivere” Soren Kierkegaard
Vi capita mai di rapportarvi alle vostre emozioni come fossero nemiche? Di farci la guerra? Vi capita di contrastare il più possibile un’emozione per paura o rabbia?
La domanda riguarda l’esperienza e merita di essere guardata da questa prospettiva con l’intento di promuovere una riflessione sui propri processi emotivi insoddisfacenti.
Questi sono solo alcuni esempi:
-Siete arrabbiati ma non sapete come manifestare le vostre ragioni per cui trattenete la rabbia e finite per prendervela con chi magari non c’entra niente …
-Siete tristi ma sentite una perdita di tempo piangere per cui cercate di dimenticare le lacrime in fondo al vostro cuore riempiendo quel tempo di cose da fare …
-Siete felici ma l’ultima volta che lo siete stati è andata male per cui preferite non manifestare la felicità e non viverla appieno, impiegando così il tempo a trovare quello che non va …
Ognuno di noi potrebbe ritrovarsi nei turbamenti degli altri o trovarne di nuovi, ma com’è che accade?
Il modo in cui affrontiamo le emozioni dipende dai significati che attribuiamo loro e che dipendono dall’esperienza e dall’apprendimento che ne abbiamo avuto. Ed essendo spesso tutto questo di natura inconsapevole, funziona come un processo automatico.
Iniziamo col crearci, talvolta fin da piccolissimi, categorie mentali che assecondano la tendenza umana non solo a dare nome, ma anche a suddividere le cose in forme dualistiche.
Ci troviamo così inconsapevolmente un dizionario interiore che interpreta le emozioni dandone un valore semplicistico: giusto- sbagliato, buono-cattivo … Di fronte a tale dualismo che non rispetta la complessità della vita: da una parte siamo semplificati nell’anticipare gli eventi, dall’altra rischiamo di aggiungere sofferenza alla sofferenza o di trovarci a non essere felici quando ogni più piccola particella di noi lo sarebbe … Potremmo, inoltre, sperimentare un’assenza di contatto con il presente vivendo una dimensione sospesa dove fatti attuali ci rituffano in una dimensione passata o ci catapultano in qualche antro immaginario del futuro.
Come diceva Montaigne:
“La mia vita è stata piena di terribili disgrazie, la maggior parte delle quali non si è mai verificata”.
Come sarebbe se la nostra energia fosse spesa per comprendere il bisogno sottostante alle nostre emozioni piuttosto che per classificarle e contrastarle? Talvolta, però, il contrastare è a sua volta portatore di un bisogno: allora, è proprio un’arte comprendersi e ascoltarsi. E a volte questo viaggio è difficile farlo da soli e richiede tempo.
Il modo per contattare un’emozione è divenirne consapevoli, esprimerla e decidere come orientare la propria azione per rispondere al bisogno che porta. Non è però cosa semplice e a volte non basta. Sopprimere un’emozione o non fare nulla che ne tenga conto può dare l’effetto paradossale di produrre continue ingerenze, di modo che l’emozione diventa più opprimente, spaventosa e dominante. Il cartone animato “Inside out” uscito nelle sale nell’autunno 2015 rende ben visibile questo processo.
Nel film sono rappresentate le cinque emozioni di base di Riley, una ragazza di undici anni: Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto. Le cinque emozioni dirigono la mente di Riley dentro un Quartier Generale, attraverso una consolle piena di pulsanti. I ricordi sono piccole sfere che nascono di seguito all’azione di un’emozione: la maggior parte dei ricordi viene spedito nella Memoria a Lungo Termine. I più importanti, detti Ricordi Base, rimangono invece nel Quartier Generale, tracciando così la personalità della ragazza, e accrescendo cinque Isole: la Famiglia, l’Onestà, la Stupidera, l’Hockey e l’Amicizia. Di seguito al trasferimento della famiglia in un’altra città per il lavoro del papà, Riley sperimenta delusione per la nuova casa ancora tutta da arredare e con parecchie cose da aggiustare. Il clima di tutta la famiglia è meno entusiasta al vedere i problemi della nuova vita, ed il papà si mostra scoraggiato. Di seguito alla richiesta della mamma a Riley di aiutare a tenere alto il morale della famiglia con la sua allegria, Gioia tenta di mantenere il buon umore nella ragazza. Tanto potente è la percezione che Riley ha di questa richiesta, da portarla a contrastare il più possibile le sue emozioni cercando così di dare una mano alla sua famiglia. Tristezza, invece, sente l’impulso di toccare e rendere tristi i ricordi ogni volta che questi vengono proiettati nella mente della ragazza, così che Gioia cerca di tenerla lontana dalla consolle. Gioia non lascia il controllo della mente a Tristezza, confinandola ad un certo punto in uno spazio ristretto perché non faccia danni, addirittura le disegna intorno un cerchio dicendole che il suo compito è non uscire da lì … e invece … accadono tantissimi guai: Tristezza tocca il ricordo gioioso della ragazza mentre giocava ad hockey o pattinava sul ghiaccio e lo modifica in un primo ricordo base triste. Gioia cerca di impedire che il nuovo ricordo vada insieme agli altri Ricordi Base, ma insieme a Tristezza finisce catapultata fuori dal Quartier Generale, nella Memoria a Lungo Termine, insieme a tutti i Ricordi Base. Non essendoci più Ricordi Base nella postazione, le Isole delle Personalità si spengono, e Riley è guidata dalla Rabbia, dal Disgusto e dalla Paura che cercano di mantenere felice la ragazza provando a fare quello che farebbe Gioia, ma senza successo. Mentre Gioia e Tristezza cercano una strada per il ritorno, incontrano Bing Bong, l’amico immaginario di Riley quando era bambina. Tentano insieme di prendere il Treno dei Pensieri per arrivare al Quartier Generale. Salgono sul treno, ma questo non parte perchè Riley proprio in quel momento è andata a dormire. Per questo vanno alla Cineproduzione Sogni per cercare di svegliare Riley con un incubo. Svegliata la ragazza, Gioia cerca di raggiungere il Quartier Generale impedendo a Tristezza di seguirla, ma, con il crollo di una delle Isole della Personalità, si ritroverà in fondo alla Memoria, tra i ricordi dimenticati, insieme a Bing Bong.
In preda allo sconforto, è necessario che Gioia osservi all’opera Tristezza per darle fiducia e permetterle di agire e orientare la mente della protagonista verso comportamenti più efficaci in risposta al bisogno di Riley. Tristezza, infatti, esprimeva il bisogno di Riley di essere consolata per il cambiamento a cui la sua vita era stata soggetta. Gioia lo capisce osservando nostalgicamente un ricordo di Riley che riteneva felice, ma che scopre iniziare in maniera triste, e che diventa allegro nel momento in cui la ragazza viene consolata dalla famiglia e dagli amici. Gioia comprende così l’importanza di Tristezza: segnalare il bisogno di Riley di ricevere aiuto dalle persone che le vogliono bene. Così Gioia riesce ad uscire dal buco della memoria a bordo del carretto a razzo di Bing Bong che decide di rimanere nel Baratro, perché essendo troppo pesante il carretto non riesce a volare in alto. Verrà così definitivamente dimenticato dalla ragazza.
Nel frattempo, però, nel Quartier Generale, Rabbia, per aiutare Riley a non essere più infelice, suggerisce l’Idea di fuggire di casa in direzione del Minnesota. Ciò fa crollare l’ultima Isola della Personalità, la Famiglia, e fa spegnere la consolle, rendendo Riley apatica. Disperati, Rabbia, Disgusto e Paura cercano inutilmente di riparare, ma solo il ritorno di Gioia e Tristezza li salverà. Gioia, finalmente, lascia a Tristezza i comandi. Dopo aver rimosso l’Idea dalla mente di Riley, che scende dall’autobus e torna a casa, Tristezza rende blu tutti i Ricordi Base di Riley così che la ragazza pianga di fronte ai propri genitori, esprimendo loro tutte le ansie e le preoccupazioni che l’hanno afflitta dall’arrivo a San Francisco. I genitori consolano Riley permettendo a Gioia di agire e far nascere un nuovo Ricordo Base, in parte dorato e in parte blu, che ricostruisce l’Isola della Famiglia.
Riley ci aiuta ad esplorare la nostra consolle. Come funzionano le nostre emozioni? Come potremmo raffigurarle? E quante ce ne vengono in mente? Inoltre, come entrano in relazione tra loro? E cosa è successo tra loro quando ci siamo trovati di fronte ad un dolore o ad un cambiamento? Riley con la sua rocambolesca interiorità ci insegna il senso delle lacrime, del contattare le nostre emozioni, e del valore della relazione nella regolazione emotiva: le lacrime non sono solo la voce sorda di quello che succede dentro di noi, ma possono essere le amiche che ci aiutano a medicare la ferita nel tempo, e a cercare la consolazione e la comprensione di buoni compagni di viaggio. Inoltre, è importante considerare, che in situazioni dolorose non si può dimenticare il valore del tempo: come una goccia leviga la roccia, così il tempo medica il nostro cuore.
Emmanuela Arvigo
psicologa psicoterapeuta